28 Febbraio 2018
Come sapete, la nostra Associazione ha approvato alcune modifiche al suo Statuto. Che foste dei nostri o meno in quell’occasione, ognuno di voi – giustamente! – si chiederà cosa ci ha spinto a fare questo passo in avanti: se da una parte ci sono piccoli aggiustamenti molto pratici, figli dell’esperienza di questi quattro anni di attività, dall’altra abbiamo avuto la necessità di adattarci alla nuova riforma del Terzo Settore, che gradualmente sta entrando in vigore.
Cosa cambia quindi? E soprattutto cosa cambia per noi come Associazione e come soci? Proviamo qui a capirci qualcosa insieme! Armiamoci di pazienza ed entriamo insieme nel fantastico ma dedaleo mondo delle regole dell’associazionismo italiano. Tranquilli, è più semplice di quello che sembra 😉
Nella loro suddivisione primordiale, le associazioni sono riconosciute e non riconosciute. Mentre le prime devono avere un patrimonio consolidato ed essere fondate con un atto notarile, le seconde sono molto più “agili” e, come facilmente immaginabile, formano di gran lunga la fetta più ampia del mondo del volontariato: la nostra Silviadizenzero è orgogliosamente una di queste, ed è quindi su di esse che vogliamo concentrarci!
Prima della riforma, la legge che regolava le varie tipologie di associazioni era decisamente confusionaria, figlia di una stratificazione di provvedimenti particolaristici nel tempo:Tanto per avere un’idea, le sigle che vedete qui sopra si riferiscono a:
Queste ultime ci fanno capire quale sia uno dei grandi problemi del mondo delle no-profit italiane: non tutte le associazioni sono Associazioni!
In altre parole, tra le aziende e le associazioni non esiste una vera e netta separazione, ma un’ampia zona grigia che, nella fascia che va dalle SRL alle ONLUS, comprende aziende travestite da associazioni, agriturismi travestiti da associazioni, partiti travestiti da associazioni, sindacati travestiti da associazioni, enti commercial-religiosi travestiti da associazioni – una veloce ricerca in rete potrà confermare questa triste realtà. Con il risultato che essere una semplice “associazione” non è più sinonimo di essere un ente che fa attività di volontariato genuinamente, gratuitamente e senza contropartite di qualsiasi tipo.
Ognuna delle tipologie associative che abbiamo introdotto, e che sono in parte sovrapponibili, possiede uno o più registri sui diversi livelli (provinciale, regionale, nazionale), in una babele che ha reso con il tempo le informazioni confusionarie, sparpagliate e poco fruibili.
Con la riforma del terzo settore, si è cercato di mettere ordine in questa stratificazione creando un unico tipo di ente “certificato” come non lucrativo, in una filosofia simile a quella che ha dato vita alle ONLUS, ma con un’ottica più di insieme che potrebbe rendere più efficace e semplice orientarsi tra tutte le associazioni italiane:
Come si può vedere, il ruolo delle ONLUS (e molti dei loro particolari diritti e doveri) è stato assorbito dai nuovi Enti del Terzo Settore, dei quali però è ora chiaro il rapporto con altre tipologie di associazioni: l’inclusione! Dall’estate 2017, con l’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore, dovranno essere ETS le ODV, le APS, gli enti filantropici, le imprese e le cooperative sociali (anch’esse finite nell’ambito della riforma, anche se in un ramo differente), le reti associative (per capirci sono “associazioni di associazioni”), le società di mutuo soccorso.
Potranno essere ETS “generici”, inoltre, altre associazioni che hanno preferito non incasellarsi in questi ordinamenti: tra di queste, nota a margine, ci siamo anche noi! 🙂
Per quanto riguarda i registri, un altra buona intenzione della riforma è quella di creare un “Registro Unico“, prossimamente consultabile anche su internet, che include tutti gli Enti del Terzo Settore, nessuno escluso, e che ingloba i vecchi, sparsi elenchi di ODV, APS e ONLUS.
Tralasciando le specifiche novità sulla Fondazione Italia Sociale, sul Consiglio Nazionale del Terzo Settore, sui Centri Servizi per il Volontariato, sulla finanza sociale e quelle che si concentrano sulle singole tipologie di ETS, è interessante concludere con la figura del Volontario. Esso, è definito come una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà.
Fin qui tutto chiaro… forse.
Cerchiamo ora di capire con precisione quali obblighi debba rispettare un Ente del Terzo Settore e quali siano, d’altra parte, i vantaggi che gli verranno garantiti.
Tra i principali obblighi, vecchi e nuovi:
Tra i principali vantaggi:
La Riforma del Terzo Settore, come visto, ha sicuramente il merito generale di cercare di “fare ordine” in una realtà in precedenza confusionaria e frammentata. Buona l’idea, ma la realizzazione…
Sulla risposta alla domanda del titolo occorre essere davvero chiari: no. La legge ha tanti difetti, alcune cose da limare e altre totalmente fuori luogo: si trovano in giro video e documenti di esperti ben più competenti di quanto possiamo essere noi che descrivono vari tipi di criticità.
La legge è scritta nel “legalese” tipico della burocrazia arrugginita che troppo spesso infarcisce i testi di rimandi, riferimenti e copia-incolla che complicano il compito di chi, semplicemente, cerca di capirci qualcosa. Tanto per intenderci, il livello di grottesco si spinge all’articolo intitolato “Competenze inderogabili” in cui, dopo poche righe, si legge “anche in deroga a quanto stabilito al comma precedente”. Chiarissimo, no?
Figli di questo stile legislativo sono alcuni dubbi sull’applicazione del nuovo Codice: ad esempio, non è chiaro se e in che modo le Associazioni Sportive Dilettantistiche sono incluse nella riforma, né quale sia il discrimine tra un’attività svolta occasionalmente e una svolta abitualmente.
Quello che per una piccola associazione può essere davvero limitante è la previsione dell’obbligo di assicurare tutti i propri volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale contro infortuni, malattie e responsabilità civile verso terzi. Sebbene siano previsti meccanismi semplificati, appare difficile per realtà economicamente modeste sostenere questi nuovi costi senza dover restringere il proprio operato: in questo senso il nuovo codice rischia di essere controproducente.
Il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, seppur “Unico”, è di fatto spezzettato a livello regionale, con l’istituzione di suddivisioni dal grottesco nome di “Ufficio regionale del Registro unico nazionale del Terzo settore”. Certo vi è un miglioramento rispetto alla situazione precedente, ma la definizione “Registro Unico” sembrerebbe un po’ ottimistica!
Occorre infine notare che questa riforma non è formata da un’unica legge, ma da una serie di testi che spesso rimandano a leggi future che rimanderanno ad ulteriori leggi. Il risultato è che al momento ci si trova in un “limbo legislativo”, iniziato nell’estate scorsa e che si concluderà, se tutto va secondo le previsioni, all’inizio del 2019. Per ora, ad esempio, non si sa esattamente in che modo si potrà usufruire del 5 per mille, né come funzionerà l’iscrizione al Registro Unico, né quali saranno i “meccanismi semplificati” per assicurare i Volontari che operano negli Enti del Terzo Settore.
Trovate qui la presentazione – non certo abbottonata – usata nell’assemblea che ha decretato la trasformazione di Silviadizenzero!